Quando tutto questo finirà dovremo ricordare

Son qua come sempre, al mattino presto, di fronte al computer, la pagina bianca del foglio di word mi guarda ed attende. In questo periodo di fiato sospeso e di ansia siamo tutti in attesa di qualcosa che avidamente desideriamo ma che tarda ad arrivare. Eravamo abituati a scadenze e ricorrenze, appuntamenti e date certe tutte cose che adesso sono solo un ricordo perché tutto quello che attendiamo spasmodicamente non ha data, non ha una scadenza precisa, aleggia nell’aria di insicurezza che sovrasta tutto e tutti.  In questo nostro abitare forzato le mura di casa c’è qualcosa di nuovo però. L’universo di cose che appena ieri, impegnati nel nostro correre quotidiano verso una meta che non arrivava mai, apparivano perse e dimenticate. Non so se finita questa emergenza, sapremo ricordare ed iniziare a vivere in maniera diversa, certo è che questo dannato e subdolo virus sta dando a tutti una bella lezione, quella di farci capire che tutti, proprio tutti apparteniamo al genere umano, che tutti siamo sulla stessa barca e che tutti ne usciremo se lotteremo insieme ed avremo rispetto per l’altro. Sta di fatto che, oltre ad essere inondati da un’angoscia emotiva e costante, abbiamo perso la nostra libertà. Ma sarà poi vero? Il concetto di libertà presuppone il mettere in pratica l’impegno della solidarietà e della comunanza. Senza l’altro non si va da nessuna parte. Il concetto di comunanza presuppone l’importanza di metterci in contatto e relazionarci con i propri simili. E questo, in un periodo in cui è proibito (per il bene nostro e di tutti) avvicinarsi a non più di un metro dal proprio simile, diventa un bisogno da soddisfare con ogni mezzo possibile. Gli strumenti che fino all’altro giorno servivano per portare avanti i nostri affari come decidere se con un clic acquistare beni che adesso ci appaiono inutili, oppure se controllare o meno l’andamento della borsa che sprofonda ogni giorno più giù, adesso servono per stabilire un vitale contatto con chi amiamo e con il mondo esterno. Era ineluttabile che prima o poi ci dovessimo fermare, tirare un sospiro, considerare ed infine metterci in contatto con noi stessi. E questo scrutare dentro di noi significa anche rimetterci in contatto con l’altro.

I lividi lasciati dalle mascherine sui volti dei medici e degli infermieri, le immagini delle forze dell’ordine in prima linea sulle strade, le sirene delle ambulanze che fanno pensare ai volontari in servizio, ci fanno riflettere scoprendoci orgogliosi e sorpresi di essere popolo. Ne usciremo, è presto per dire ancora quando, ma ne usciremo. Ne usciremo da sopravvissuti e non basterà tornare ad abbracciarsi e stringersi forte la mano, indugiando se lasciare la presa o tenerla ancora per un attimo in più per goderne del calore. Non basterà sentire il contatto dei nostri corpi vicini. Non basterà accarezzare scherzosamente con energia la schiena dell’amico. Non basterà sforzarsi di capire come, in questo nostro correre frenetico e continuo, c’era la costante e insensata certezza che il disastro fosse lontano e mai ci avrebbe toccato. Tutto questo non basterà perchè dovremo soprattutto ricordare. Sarà indispensabile ricordare in quale situazione ci siamo trovati e come ne siamo usciti. Dovremo ricordare di investire nella Sanità pubblica perché l’uscita da questa emergenza è dovuta al sacrificio e all’eroismo di tante persone ma ha anche dimostrato vistosamente, tanti limiti. Dovremo ricordare di garantire a tutti coloro che operano in campo sanitario gli strumenti per lavorare e tutelare la salute di tutti. Dovremo ricordare di investire nell’educazione civica, anzi diciamo che dovremo impegnarci per attuare soprattutto una didattica approfondita sull’educazione in generale. L’“assalto alla diligenza” che c’è stato nei giorni scorsi alla stazione Garibaldi di Milano di migliaia di persone dirette verso casa e che ha contribuito a diffondere in maniera capillare il virus, non è stato un buon segnale di civiltà. Dovremo ricordare le Forze dell’Ordine che, rischiando il contagio, sono scese per le strade a controllare chi se ne andava per footing o per due chiacchiere al parco o, peggio ancora, chi, in barba alle disposizioni, se ne stava tranquillamente in fila aspettando il suo turno all’autolavaggio. Dovremo necessariamente ricordarci del nostro sistema penitenziario che   è al collasso da sempre, e non solo in questa stagione ammorbata, alle celle sovraffollate, ai turni massacranti delle guardie carcerarie e ai pochi e malmessi strumenti per comunicare con l’esterno. Questo perché comunque la pensiamo i detenuti sono persone ed hanno diritto a scontare una pena in maniera dignitosa.

Ecco, di questo, e forse anche di molto altro, dovremo ricordare quando ci sveglieremo da quest’incubo e scorgeremo una flebile luce in fondo al tunnel. Ricordare e farne tesoro. Ma in tutto questo nostro riportare al cuore di azioni e di fatti c’è anche una cosa che dovremo scordare, dimenticare, cancellare dal nostro vivere. Hermann Hesse diceva che spesso l’incontro tra gente “civile” tende a nascondere l’io più intimo, l’anima, rivelando un profondo malessere e una costrizione innaturale del proprio comportamento. Dovremo scordare quello che eravamo e cambiare. Insieme a tutto il resto, soprattutto questo ci sta insegnando un maledetto e invisibile virus.

4 Replies to “Quando tutto questo finirà dovremo ricordare

  1. Speriamo Alessandro che sia possibile veramente un cambiamento della nostra società: vedendo i comportamenti ancora di alcuni, ne dubito ma spero di sbagliare. Un abbraccio

  2. Caro Ale,
    hai ben interpretato i sentimenti e le emozioni che ci pervadono in questi giorni drammatici. Condivido pienamente la tua riflessione sulla necessità di cambiare il nostro stile di vita, una volta che sarà passato questo grave pericolo, che ha già fatto tante vittime ed ha scalfito le nostre certezze, facendoci uscire come “perenti”. Condivido la tua speranza in una nuova consapevolezza dell’uomo che dovrà allontanarsi dall’egoismo e dall’individualismo, per intraprendere un nuovo cammino, fatto di altruismo e di cooperazione. Solo così sarà possibile realizzare il vero bene comune.
    Manuela

  3. Servire il tempo, covare una nuova città, ricordare.
    Tutti capitani e mozzi che devono puntare la prua verso un mondo da ricostruire.
    Pronti a salpare dopo che questo forte vento che ci agita il cuore si calmerà.
    Grazie, Alessandro.

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