Tommy, i gormiti e la camicia a quadri

Voglio condividere con voi questa riflessione di Paola Stradi che trovo immensamente bella.

Tommy, i gormiti e la camicia a quadri

«Mamma, oggi Tommy non era nella mia squadra».

«Chi è Tommy amore?». «Ma come, non ti ricordi? Quello che porta la camicia a quadri piena di colori… quello che gioca con i gormiti… quello che a pranzo si siede vicino a me…».

«No, amore, mi spiace, non ho presente chi sia…, me lo mostrerai oggi quando vengo a prenderti a scuola».

 Solo così riuscii a placare il nervoso del mio figlio più piccolo, Stefano, che non sapeva cos’altro dire per farmi identificare l’amico Tommy che, con gran dispiacere, quel giorno non era stato inserito dalle maestre nella sua squadra.

Al pomeriggio la sorpresa: ciò che sicuramente avrebbe fatto la differenza per farmi capire chi era Tommy, mio figlio non me l’aveva detto: Tommy era un bellissimo bambino africano, nero e lucido, con gli occhi grandi e dolci, proprio con la camicina a quadri e sempre con i gormiti in mano, elementi da cui Stefano era stato colpito.

Ma che fosse nero, per mio figlio era in fondo ininfluente, neanche identificativo di una “differenza”. O se lo era, veniva dopo il vestito colorato e il gioco.

Oso speranza se guardo la composizione delle scuole dei miei figli: quasi metà delle loro classi sono composte da cittadini non riconosciuti italiani dallo ius soli, ma con i quali i cittadini dichiarati italiani da ius sanguinis giocano, litigano, ridono, fanno gruppo.

Eroi ed eroine sono gli insegnanti perché educare all’incontro non è scontato, non lo si fa senza mezzi, non si improvvisa. È vero, un giorno lavoreranno insieme, faranno scoperte in team, si innamoreranno tra loro, viaggeranno. Ma questo percorso si investe, ci si crede, ci si pensa.

La sfida educativa è trovare un’osmosi cooperativa, un territorio condiviso e rispettato, possibilità generative dove il particolare incontra l’universale e dove tutti possano imparare a essere cittadini.

Oso speranza se questi bambini, queste donne e questi uomini non li categorizzo più come profughi, stranieri, richiedenti asilo, extra-comunitari.

Oso speranza se imparo a pronunciare il loro nome e se noto la bellezza della loro camicia a quadri.

(Estratto dalla Rivista Madrugada – Paola Stradi orientatrice presso l’ente regionale per il diritto allo studio universitario di Padova, è madre di tre figli.)

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