Regalo di Natale

Oggi sul Blog ho messo un racconto sulla tragedia dei licenziamenti e su quanto il lavoro possa restituire all’uomo la dignità. È un mio racconto dal titolo “Regalo di Natale” scritto nel 2007, quando i venti della crisi iniziavano a soffiare. Ormai è un racconto datato ( e forse qualcuno di voi l’avrà già letto) ma mai come adesso attuale…e poi, cosa importante, contiene un messaggio di speranza. La speranza di cui tutti, nessuno escluso, abbiamo un gran bisogno.
Carissimi tutti, BUON NATALE di cuore!!!

Respirò forte a pieni polmoni e guardò il cielo terso. Come sempre, da qualche tempo oramai, ai suoi occhi esso appariva sbiadito e opprimente. Un vento leggero che odorava di neve annunciava che il Natale ormai imminente si sarebbe tinto di bianco. Aveva chiuso la porta dietro di sé, meno stava in casa e meglio era, tanto tutto quello che essa racchiudeva a breve non sarebbe stato più suo. Ripensava ad appena tre mesi prima, era settembre al ritorno delle ferie che la multinazionale dalla quale dipendeva aveva attuata la tanto temuta delocalizzazione decidendo di licenziare senza tanti complimenti tutto il personale. Era nell’aria e se ne parlava da mesi così, in un attimo, a niente erano valsi gli anni passati all’interno dell’azienda, l’anzianità, l’esperienza. A nulla era valso l’intervento dei sindacati. Quando la decisione di trasferire tutta la produzione fuori dai confini era arrivata, niente e nessuno erano serviti ad assicurargli il posto. Passò rasente i muri, e quasi a nascondersi teneva la testa bassa con la paura di incontrare qualcuno che lo avrebbe fermato per domandargli come andava. Male, male, andava proprio male, per lo meno se fossero stati solo lui e sua moglie si sarebbero arrangiati, ma con i bambini come avrebbero fatto? E la scuola? E i vestiti? E tutto il resto? Perché tutto il resto era tanto. Troppo. Tutto il resto era vitale. Come avrebbe fatto a cinquant’anni suonati per ritrovare lavoro? E poi cosa sapeva fare lui, piccola pedina di un grande ingranaggio, oltre a registrare dalla mattina alla sera la contabilità aziendale? E si girava e rigirava nei soliti pensieri senza accorgersi che si stava avviando un passo dopo l’altro verso i cantieri in costruzione alla periferia della città. Difficilmente ai tempi d’oro si era spinto a piedi fino a quel punto, niente lo interessava di quelle zone; lui, da sempre, amava i negozi e le luccicanti vetrine del centro dove, all’uscita dal lavoro, curiosare e fare acquisti, ma adesso era come se fosse stato calamitato da quei posti. Chissà perché! Gli edifici in costruzione erano tutti circondati da recinzioni di latta ondulata che impedivano la vista all’interno. Ad una di esse però mancava un pannello e gli operai avevano provveduto a riempire lo spazio vuoto con delle assi di legno che lasciavano intravedere cosa stava succedendo all’interno del cantiere. Era suonato mezzogiorno ed un gruppo di muratori stava mangiando. Avevano apparecchiato fuori, sotto una pensilina, su delle rudimentali assi da impalcature e per riscaldarsi in un bidone di ferro stavano bruciando dei pezzi di legno. Ognuno di loro aveva steso il proprio tovagliolo sul quale era posata una gavetta con dentro il cibo. Bottigliette di vino e lattine di birra stavano in bilico sulle tavole instabili. La costruzione di cemento si stagliava contro il cielo mentre mucchi di sabbia e cataste di mattoni coprivano alla vista le baracche e i macchinari del cantiere. L’operaio si accorse della sua presenza, si alzò e gli venne incontro. “Cosa vuole?” L’uomo era un po’ calvo e proprio sulla fronte aveva due schizzi di calcina. La barba non fatta gli dava un che di trasandato, ma due occhi scuri profondi e pieni di vita stemperavano quell’aspetto dismesso, lui un lavoro ce l’aveva e con il lavoro una dignità. Le parole gli vennero fuori a forza, inaspettate e si sorprese di averle dette “Cerco lavoro”. Due parole che sulle sue labbra suonavano stranamente e nascondevano una necessità vitale. “Non abbiamo bisogno di nessuno, ma provi a tornare più tardi forse il “caporale” qualcosa gli trova”. “Grazie” si voltò e riprese a camminare, nella mente i bambini, la moglie, lui. Lui forse si sarebbe arrangiato, ma loro, come avrebbero fatto, come li avrebbe aiutati? “Senta. Aspetti. Forse qualcosa da fare c’è”. La frase arrivò inaspettata e come colpito da una frustata si voltò. Accelerò il passo dirigendosi verso il muratore. Forse si era consultato con gli altri, o forse, ci aveva ripensato, chissà! “Pensandoci bene per questo mese il lavoro c’è. L’impastatrice di calcina e il trasporto dei mattoni agli operai, 40 euro il giorno, paga a fine giornata. Se vuole può iniziare subito con mezza giornata”. Il pomeriggio passò in fretta, adesso tirava un ventaccio pungente, gli occhi si erano arrossati e le mani dolevano, come le braccia e le gambe, ma aveva di nuovo un lavoro, La sera l’uomo gli dette 20 euro dicendogli “Domani mattina alle sei e quarantacinque di fronte al cancello, si inizia a lavorare alle sette in punto”. Aveva freddo, così fece un gesto inconsueto per lui: tirò su il bavero della giacca per pararsi il collo. Disse: “A domani”, e si incamminò verso casa senza aver avuto risposta. Era già buio e le luminarie dei negozi splendevano per le vie della città. Non teneva più lo sguardo basso. Avendo un lavoro gli sembrava di essere simile a tutti gli altri, aveva riacquistato la propria dignità. E poi c’erano quei 20 euro che teneva in tasca. Era solo l’inizio, ma che importava?  Quasi cadde inciampando sull’anziano mendicante seduto a terra. Si voltò, e gli occhi dell’altro si fissarono nei suoi. Si leggeva una vita di stenti, trascorsa con lo stesso stato d’animo che lui aveva avuto negli ultimi tre mesi. Solo che il mendicante non aveva un tetto, una moglie ad aspettarlo la sera, il sorriso dei bambini. Si commosse, si chinò e sorrise, intanto le persone continuavano a scivolare veloci lungo il marciapiede fingendo di ignorare la presenza dei due. Strinse forte le mani dell’uomo fino a sentire le sue che dolevano e disse “Buon Natale”. Si rialzò continuando a sorridere e riprese a camminare. L’importante era aver riacquistato la fiducia nel futuro, aver ridato vita alla speranza. Quel gesto che fino allo scorso Natale era diventato ripetitivo e senza senso, in quel preciso contesto assumeva ben altro significato, diventava l’inizio di qualcosa, quasi un passaggio ad un nuovo modo di vivere. Adesso si sentiva veramente più forte, col cuore via via sempre più leggero. Felice. Il mendicante aprì le mani e rimase a guardare meravigliato quella banconota da 20 euro pensando a quel tipo strano, giacca e cravatta, sporco di calcina, ma quell’uomo, quello sconosciuto signore era ormai irraggiungibile, ormai rapidamente si era assentato da tutte quelle luci. 

                                                                                     Natale 2007

a.o.

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