Scuola primaria terra di missione

Barbiana non è un paese, non è nemmeno un villaggio. Barbiana è una chiesa con la canonica e un piccolo cimitero. Le case, una ventina in tutto, sono sparse nel bosco e nei campi circostanti, isolate tra loro. In questi giorni sono salito nuovamente su. Da qualche anno lo faccio regolarmente quando si avvicina l’anniversario della morte di Don Lorenzo Milani, avvenuta il 26 giugno 1967. Questa volta, passati i momenti peggiori della pandemia avevo un motivo in più, quello di tornare alla normalità delle cose, di ripetere i gesti che da sempre ho fatto, di stare vicino ad un amico, di chiedere un consiglio al Priore. Se devo esser sincero più di un consiglio avevo bisogno di parlare un po’ di quello che è successo nella Scuola in questi mesi. Come sempre mi sono tolto la giacca e la cravatta per salire a Barbiana. Quel prete considerato da tutti una persona scomoda, aveva in uggia qualsiasi etichetta.

Il sentiero è in discesa, poi pianeggiante e poi leggermente in salita e come per incanto appaiono la Chiesa, la canonica poi, poco più avanti, scendendo nuovamente un po’ ecco il piccolo cimitero dove è sepolto Don Lorenzo. Sono arrivato che stava calando la sera e cominciava a fare freddo. Accanto alla tomba del priore ci sono quelle dove riposano l’Eda e Michele, la governante che lo seguì a Barbiana e uno dei primi sei ragazzi della Scuola poi diventato Presidente della Fondazione.

“Ciao Priore – ho sussurrato – come va? Sai di questi tempi sono un po’ triste perché penso spesso a ciò che la pandemia ha scatenato, ai morti, alla solitudine di quei giorni, alla sensazione di impotenza che tutti provavano, all’economia che va a rotoli. Penso anche a quello che è successo nel mondo della scuola, a tutto ciò che ragazzi e docenti hanno dovuto “subire” per portare a termine un anno scolastico che sarà ricordato per sempre. Però, sai Priore, mi consola il fatto che, in un modo o nell’altro piano piano ne stiamo uscendo, ogni giorno un piccolo passo avanti verso la normalità e così sono arrivati gli scrutini e maestri e professori, con impegno e professionalità, son riusciti a finire l’anno. Non è stato facile ma i docenti hanno svolto ugualmente il programma tra computer, tablet e cellulari, a suon di Meet, Classroom, Argo, Drive, mouse e collegamenti che a volte mancavano improvvisamente.

Hanno mandato avanti le lezioni per più di tre mesi anche in condizioni al limite delle possibilità concludendo e arrivando alla fine dell’anno scolastico. Lo sai Priore cosa dicono in molti, che per gli insegnanti ci son troppe vacanze, quelle estive di Pasqua, di Natale, senza contare i ponti, poi dicono anche che i maestri prendono troppo di stipendio. Eppure la maggior parte di loro non guarda neanche il cedolino della busta paga. Un cedolino dove appaiono cifre che nulla hanno di europeo. Nonostante tutto, Maestri e Maestre vogliono un bene dell’anima ai bambini, li fanno crescere, li istruiscono, valorizzano il loro operato e li formano perché possano avere speranze per il futuro. Insomma Priore, lo stesso bene che volevi tu ai tuoi ragazzi.

Tu lo sai Priore che questo è stato, anche durante una pandemia che verrà ricordata sui libri di storia come un conflitto mondiale.”

Penso a questo e guardo lontano le linee dei monti del Mugello che all’imbrunire si confondono con il cielo. Recito una preghiera mentre i miei occhi sono fissi la tomba di Don Lorenzo. È semplice, scarna, di marmo bianco, un mazzo di fiori è stato messo da poco, forse è uno dei suoi ragazzi che è venuto a trovare il Priore. Uno di quei ragazzi per i quali aveva speso la sua vita di educatore e di sacerdote: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze…” Il silenzio sovrasta, però se tendo l’orecchio sento le voci di Francuccio, di Michele, che ho conosciuto tardi ma con il quale, fortunatamente, ho avuto modo di parlare più volte di Don Lorenzo. Sento le voci di Mauro, di Edoardo, di Gostino, di Carla, di Lucianino, quello del ponticello nel bosco. Voci. Un brusio di tante voci gioiose e in sottofondo, più pacata mi immagino quella del Priore che spiega un articolo di giornale e lo commenta con i ragazzi. Le voci e la parola. Anni interi spesi a predicare ai propri ragazzi l’importanza delle parole. Parole che servono a convincere, a spiegare, a condividere, ad amare.  Questa pandemia forse aiuterà tutti a capire realmente quello che fino ad adesso è stato, perché spesso fino ad adesso è mancato il tempo, la pazienza e la capacità di ascoltarli questi ragazzi, sono mancate le parole. Sembra che la Scuola si cimenti in una corsa assurda con l’ossessione di finire i programmi dove i rapporti sulle valutazioni si sono imposti su di una considerazione attenta e responsabile del vissuto di ognuno. La storia di ogni bambino è diversa e diversi sono i suoi punti di partenza. È una scuola che corre senza freno e che adduce come giustificazione ai propri errori la continua ricerca di innovazione seguendo riforme che per molti aspetti ci hanno portato indietro molti anni e che spesso non possono e non devono essere condivisibili. Il rinnovamento non può e non deve essere il comune denominatore per affrontare i tanti problemi di una scuola lasciata al buon senso di migliaia di docenti che, dopo anni e anni di messa alla prova, non si vogliono arrendere. È un dato di fatto che gli assurdi e distruttivi mutamenti del sistema scolastico, colmo di promesse non mantenute, tagli e revisioni continue, hanno reso l’attività degli insegnanti una cosa difficilissima. Formazione, Educazione e Cultura stanno zitte, come sospese, in attesa di una svolta che non arriva mai. La scuola primaria è diventata il primo livello di discriminazione sociale senza garantire a tutti in ugual misura il diritto all’apprendimento. E hai voglia di inserire insegnanti di sostegno, che spesso arrivano verso la fine del primo trimestre: un solo insegnante con una classe strapiena di scolari, alcuni con problemi comportamentali non sempre riconosciuti e la riduzione continua di risorse che negli anni i vari governi hanno portato avanti, non può garantire a tutti lo stesso traguardo. Purtroppo ci sono anche coloro che non hanno grossi problemi ma ai quali viene ammollata con forza una certificazione inesistente e quindi non necessaria. Come sempre chi ne soffre di più sarà il debole, l’ultimo, chi non ha punti di riferimento. Molte delle riforme passate sono nate già sconfitte. Altro che maestro unico. La scuola primaria italiana anziché fabbrica di futuro per le giovani generazioni, assomiglia sempre di più a una terra di missione. È una corsa quotidiana per tappare buchi e spezzoni. Manca la compresenza, i docenti supplenti, la flessibilità, i sostegni. Non ci sono strutture, non ci sono laboratori e le classi sono sovraffollate. Alcune scellerate scelte politiche hanno ridotto la scuola ad essere un soggetto senz’anima nella quale gli insegnanti, nonostante abbiano pochi mezzi e poche risorse alle quali attingere, continuano a fondere il proprio lavoro con i dettami della loro coscienza. Tutto questo si è visto bene e si è potuto toccare con mano in questi mesi terribili e angoscianti di didattica a distanza. Inoltre, all’enorme disagio di inventarsi un modo di lavorare che era sconosciuto alla maggioranza, si è aggiunta l’angoscia di imparare a gestire programmi che si sono rivelati più adatti per analisti e programmatori informatici che per gli insegnanti. È stato triste dover sopperire con un freddo video il calore dell’abbraccio fisico di fine anno scolastico. Sono troppe le cose che mancano di fronte allo schermo di un computer. L’odore del gesso, il suono della campanella, l’appello del mattino, manca quella frase detta e ridetta verso la fine dell’anno, quando i raggi del sole picchiano senza pietà sui vetri delle finestre “Bambini apriamo la finestra che qua si muore di caldo”, mancano la visione d’insieme e la possibilità di fissare negli occhi i propri alunni, di coglierne uno sguardo, un atteggiamento, un sorriso. E poi manca quello che, a tutti noi in periodo di pandemia, ci è stato impedito di fare, un abbraccio, un bacio, una carezza. No! Le aule vuote non vanno bene. La didattica a distanza è stata necessaria ma non è certo questo il modo di fare scuola, special modo nella scuola primaria. Tutto questo male che ci è capitato tra capo e collo servirà almeno a qualcosa? Dopo la pandemia cambierà un sistema? Questo nemico invisibile che ha portato profondi ed eccezionali cambiamenti nello svolgimento delle lezioni sarà servito a riflettere per cambiare in maniera radicale il sistema scolastico? Sarà possibile riprendere le lezioni normalmente ma con spirito nuovo? Sarà possibile, nel dolore accumulato in questi ultimi mesi una presa di coscienza, se pur tardiva, necessaria? Sarà infine risolto il problema della dispersione scolastica che nei mesi di Lockdown ha mostrato tutta la sua forza e le sue criticità?

Sovente nella vita c’è un tempo per farsi domande più che darsi risposte. Gustarsi questo tempo in attesa di settembre, quando riprenderà il nuovo anno scolastico, fa parte del proprio esistere e alimenta la speranza che qualcosa di buono avvenga. Tutto ciò ci dà la forza per continuare a percorrere l’impervio sentiero che sta davanti ai nostri occhi con la mente piena di progetti, il cuore leggero e sulle labbra un sorriso.

Il silenzio dei boschi mugellani si fa pesante, mi avvolge, riesco a vedere a malapena la catena dell’Appennino, immagino la valle della Sieve e l’altro fianco del monte Giovi. Prima di voltarmi mando un ultimo saluto e con la mano lancio un bacio, mi devo affrettare verso la macchina se voglio arrivare alla statale prima che scenda la notte.

La notte nel bosco è bella ma mi mette un po’ paura, riconosco di essere meno coraggioso dei ragazzi di Barbiana quando “a buio”, finite le lezioni a Barbiana, tornavano a piedi alle loro case.

Continuo a riflettere. La mia lunga frequentazione dei luoghi del Priore mi fanno ricordare la tavoletta di circa 40 cm. per 25 sulla quale c’è scritto “I care”. Se ne sta là, da più di cinquant’anni sulla parete dell’aula che serviva anche da laboratorio, vicina alla cucina. È un invito a resistere, ad andare avanti, a sperare, a condividere e a credere che il ruolo dell’insegnante possa essere determinante per cambiare un sistema. Continuare ad essere, prima che educatori, missionari del domani. “Un domani nel quale – come diceva il Priore di Barbiana – l’unico vero rimorso della scuola e della famiglia, ma innanzitutto della nostra società, sarà per i ragazzi che avremo perso”.

ao

4 Replies to “Scuola primaria terra di missione

  1. A giudicare dalle parole di amici che lavorano nella scuola mi verrebbe da dire che la didattica a distanza sia stata fallimentare. Al di là delle difficoltà tecniche..c’è da considerare anche che oltre ai maestri che tenevano le loro lezioni a distanza, doveva sempre esserci qualcuno lì accanto ai bambini..un padre o una madre..che si trasformavano in maestri improvvisati.
    Credo che nessuno sia stato davvero felice ed a suo agio in questo nuovo corso, e penso anche che ognuno abbia un proprio fondamentale ruolo..una madre sarà probabilmente una pessima maestra per suo figlio..essa potrà essere la maestra dei figli degli altri, e la mamma del proprio bambino. Non so se qualcuno fosse pronto per questa situazione..nè i maestri per le lezioni online nè i nonni e le mamme per improvvisarsi insegnanti di inglese o geometria.
    Ma ormai tutto questo è alla spalle, si spera…per il futuro mi piacerebbe immaginare una scuola più semplice, più a misura di bambino e d’insegnante, e con classi un po’ meno numerose..ma non a causa del covid bensì di scelte ragionate..

  2. L’esperienza di Don Milani è l’essenza della vera Scuola a cui tutti dovrebbero riferirsi!!! Grazie per questa bella pagina il cui dolce ricordo si affianca ad un’analisi attenta e critica della scuola attuale, che condivido pienamente! “I care”…
    Manuela

  3. Purtroppo da noi si confonde l’ordinaria amministrazione,di per se’pessima,con eventi
    straordinari tipo il Covid che doveva forzatamente
    portare a delle scelte.Quel che e’ inaccettabile e’
    che nessuno del governo e dell’opposizione abbia poi sentito il bisogno di fare qualcosa per fare
    riaprire le scuole questo e’ vergognoso.
    Poi sulla scuola italiana e sugli educatori pos87
    siamo
    disquisire a giornate te dici delle cose bellissime
    ma qui bisognerebbe saper risolvere le cose ordinarie prima.

  4. Bell’articolo, molto concreto, schietto. Mi spiace constatare che la situazione scuola riflette tutto il mondo del lavoro, con una classe dirigente inadeguata verso le reali esigenze. I motivi sono tanti e alla fine riconducibili all’inculturazione operata in questi decenni di progresso selvaggio e ruberie varie.

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